“There is a light that never goes out” cantava Morrissey nel suo gruppo The Smiths qualche anno fa. La luce rende possibile la visione di tutto il mondo che ci circonda ed è la grande potenza da controllare in fotografia e, di conseguenza, in video.

Che cos’è la luce?

Etimologicamente il termine luce lux ha assunto diversi significati nel tempo. Gli studi compiuti nel corso dei secoli hanno portato a una definizione di luce come la porzione dello spettro elettromagnetico visibile dall’occhio umano, approssimativamente compresa tra 400 e 700 nanometri di lunghezza d’onda, intervallo che coincide con il centro della regione spettrale della luce emessa dal Sole che riesce ad arrivare al suolo attraverso l’atmosfera.

La luce è tutto ciò che illumina la materia e la rende visibile, dunque, all’occhio umano.

Come si controlla la luce in video?

Lo studio della luce in fotografia e in video viene definito più comunemente ottica. Ma come è possibile governare la luce sulla nostra videocamera? Per rispondere a questa domanda non esiste una, bensì tre opzioni che, ben coordinate tra loro, permetteranno ai vostri video di ricevere l’esposizione perfetta alla luce: sensibilità del sensore, velocità di otturazione, apertura del diaframma.

Sensibilità del sensore

L’esposizione è la quantità di luce che raggiunge il sensore della nostra videocamera. In base alla qualità costruttiva della stessa, avremo la possibilità di lavorare con sensori più o meno sensibili alla luce; questa caratteristica è fondamentale per poter lavorare, ad esempio,  in condizioni di bassa luminosità e permettere alla nostra videocamera di riprendere buone immagini anche quando le condizioni non lo consentirebbero.

Rispetto alle vecchie telecamere dell’era analogica, il digitale consente di modificare la sensibilità del sensore attraverso le impostazioni della fotocamera.

La sensibilità del sensore alla luce viene indicata sulla macchina con il termine ISO e può essere modificata a piacimento rendendo la regolazione degli ISO un potente strumento per voi, che vi state affacciando al mondo del videomaking. 

Vi verrebbe da pensare che, regolando al massimo la sensibilità del sensore al massimo degli ISO, riuscirete ad avere il risultato migliore in video.
Purtroppo non sempre è così: difatti più in alto porterete il valore degli ISO e inferiore sarà la qualità del vostro girato, con un aumento del rumore (la grana digitale, per intenderci) dei fotogrammi.
Nella gran parte delle fotocamere reflex e mirrorless la scala classica dei valori ISO è 100, 200, 400, 800, 1600, 3200, 6400, 12.800 e cosi via, ma in alcune camere avrete la possibilità di impostare valori intermedi (come nella LUMIX GH4) o addirittura spingervi oltre i 12.800 mantenendo una quantità di rumore davvero bassa (come nel caso dell’ottima Sony A7S).
Velocità di otturazione
Un’altra importante “grandezza” da imparare a controllare è la velocità di otturazione. Spesso viene definita tempo di esposizione, o tempo di scatto o tempo di posa ma, in sintesi, non è altro che il tempo che l’otturatore della macchina fotografica rimane aperto per permettere alla luce di raggiungere la pellicola o il sensore.
Quanto più aumenteremo il tempo in cui la luce potrà raggiungere il sensore, tanto più la nostra immagine risulterà fuori fuoco o lascerà una “scia”. Approfondiremo il concetto più avanti ma, per essere pratici, vi inserirò una tabella di facile lettura proprio qui sotto.
Quanto più aumentiamo il valore di otturazione (1/2000 di secondo a salire) daremo meno modo alla macchina di “accumulare” luce ma le consentiremo di avere un’immagine più definita. Al contrario, se avremo bisogno di maggiore luce, andremo incontro a immagini che “subiranno” maggiormente il movimento con una definizione minore. In generale, è importante mantenere una velocità dell’otturatore che consenta il giusto equilibrio tra ingresso della luce e frequenza dei fotogrammi scelta per la ripresa (24 fotogrammi al secondo, 25, 50, 60, ecc.) così da mantenere il giusto tempo di esposizione nella ripresa di ogni singolo fotogramma.
Apertura del diaframma 

Sull’apertura del diaframma ci sarebbe da aprire un capitolo a parte, ma in questa sede ci limiteremo a mantenere il focus sulla necessità di “portare a casa” una buona ripresa che non risulti eccessivamente sottoesposta o sovraesposta.

Il diaframma è il meccanismo usato per regolare la quantità della luce che attraversa l’obiettivo fotografico, così come accade per l’iride dell’occhio umano.

Si presenta come un insieme di lamelle a ventaglio inverso che chiudono l’apertura del sistema ottico, fino alla sezione minima: questa operazione influenza la variazione della profondità di campo nell’immagine ripresa.

Il fatto che ogni obiettivo abbia un diaframma diverso spiega quanto sia importante la scelta delle ottiche seguendo una logica “costruttiva” e non basata sul trend di mercato. In poche parole, è meglio conoscere e provare un obiettivo piuttosto che comprarlo perché lo usa “taldètali”.

Tornando a noi, abbiamo detto che il diaframma opera attraverso un sistema di “lamelle” che aprendosi e chiudendosi permette alla luce di entrare nell’obiettivo. Così come funziona, insomma, la veneziana che utilizzate nella vostra stanza per proteggere la casa dai raggi solari in piena estate, allo stesso modo è possibile aprire e chiudere questa “tendina” ottica per permettere alla luce di colpire il sensore.

In generale, i valori di apertura di un diaframma seguono una scala precisa simile a questa:

f/1 — f/1,4 — f/2 — f/2,8 — f/4 — f/5,6 — f/8 — f/11 — f/16 — f/22 — f/32

Ma, in generale, l’obiettivo che utilizzerete arriverà difficilmente ad un valore di f che va oltre il 22.

Parliamo di un obiettivo luminoso quando il valore minimo di apertura del diaframma è prossimo al primo valore in scala, di obiettivo poco luminoso quando il valore del diaframma supera gli f/5,6. Obiettivi molto luminosi sono generalmente più costosi di quelli meno luminosi, ragion per cui vi potrebbe capitare di iniziare a girare con un obiettivo che non permette una grande resa negli spazi poco illuminati o notturni.

Il valore di apertura del diaframma non influenza soltanto la luce che entra dall’obiettivo fotografico, ma soprattutto un’altra importante grandezza che definiamo come profondità di campo.

La profondità di campo rappresenta la zona in cui gli oggetti nell’immagine appaiono ancora nitidi e sufficientemente focalizzati, permettendo quel particolare effetto di messa a fuoco che isola o meno il soggetto della nostra ripresa dall’ambiente retrostante.

A un numero basso di diaframma corrisponderà quindi un’apertura molto ampia e una minore definizione del background. Al contrario, un numero basso di apertura del diaframma consentirà all’immagine di “appiattirsi” ricevendo come risultato una maggiore immersione del soggetto ripreso nell’ambiente di riferimento.

Per farvi un’idea, potete guardare queste due immagini:

Valore del diaframma alto, immagine piatta

Valore del diaframma basso, conseguente sfocatura dello sfondo

Questa lezione termina qui e, se vi è piaciuta, vi invito a schiacciare il tasto “condividi” e farlo leggere ad altri aspiranti videomaker come voi!

Lasciate un commento se vi è piaciuto questo articolo e seguiteci su Facebook e Twitter!