Raccontare una storia significa principalmente mettere a confronto un’esperienza con una potenziale audience. Questa definizione potrebbe sembrare potenzialmente riduttiva se non tenessimo conto delle molteplici sfumature che possono assumere i significati delle parti in gioco.

L’esperienza può consistere nel coinvolgere direttamente lo spettatore (come, ad esempio, nello sperimentale action movie Hardcore!) o nel donare una morale che permetta di migliorare la nostra capacità di interagire con la società e con le persone.

Per quanto riguarda l’audience, una storia può coinvolgere uno specifico target o muoversi su differenti livelli. Le migliori storie, solitamente, sono quelle che partono dai principali principi archetipici della società e li seguono o li contraddicono apertamente. Così accade, ad esempio, quando nella famosa serie Breaking Bad vediamo i problemi di un padre di famiglia chiamato Walter White, le nostre sicurezze saranno messe in discussione quando vedremo farsi strada l’anti-eroe Heisenberg tra i deserti del New Mexico.

Lavorando nel settore della comunicazione e dell’audiovisivo mi capita spesso di lavorare come docente per scuole con giovanissimi studenti che si avvicinano per la prima volta al cinema da scrittori e operatori.

L’entusiasmo è incredibile.

Ad esempio, l’esperienza presso una scuola elementare di Napoli nel quartiere di Secondigliano lo scorso anno mi ha permesso di conoscere una realtà nuova ai miei occhi. Mi sono trovato a collaborare con colleghi di aperta mentalità, spesso impegnati in intricate lotte atte a far riconoscere i diritti dei piccoli studenti e per permettere loro di avere un futuro diverso, un destino legato alla cultura e alla conoscenza.

Il cinema, in questo, è un fedele alleato.

Un’altra importante esperienza è quella con il Giffoni Film Festival. Ogni anno giovani giurati dai 3 ai 21 anni sono chiamati a dare la loro opinione su decine di film in uscita in sala e, in questa sede, si stringono amicizie che durano per tutta la vita. Tutto tenuto insieme dalla passione per il cinema.

Le nuove generazioni di nativi digitali sono immerse nello storytelling. È come un flusso inalterabile di informazioni in cui sono abituati a navigare, nel quale sanno muoversi, empatizzare con i personaggi e saperne apprezzare le dinamiche, senza aver necessariamente bisogno di complicate conoscenze tecniche. I ragazzi sanno benissimo orientarsi nel mondo delle complicate storie degli Avengers, hanno uno sguardo e un approccio critico alla visione di un film drammatico e, più di ogni altro adulto, sanno apprezzare il sapore di una commedia e riconoscerne il vero valore.